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Come sarà l’Italia tra 50 anni?

Il dolce e l’amaro

Si vive più a lungo, e questa è certamente una buona notizia. È in progresso costante, tuttavia, il numero di italiani che saranno costretti ad affrontare la riduzione della propria autonomia funzionale.

Un trend che nel nostro Paese sta compromettendo il futuro dell’assistenza domiciliare agli anziani, e non solo, che devono affrontare il problema della non autosufficienza con pesanti conseguenze per milioni di famiglie. È questa l’impietosa conclusione della ricerca “Problemi e prospettiva della domiciliaritàIl diritto di invecchiare a casa propria” pubblicata il 5 novembre 2018 da Auser e Spi Cgil.

Se da una parte il report stima che dal 2016 al 2065 gli italiani con più di 65 anni passeranno da 12,9 a 17,8 milioni, dall’altra evidenzia che gli over 65 con limitazioni funzionali cresceranno da 2,5 a 3,5 milioni, segnando un’impennata del 40%.

 

In un contesto in costante e drammatica evoluzione, gli italiani saranno verosimilmente sempre meno in grado di prendersi cura dei propri congiunti non autosufficienti, considerando anche il profondo mutamento dei nuclei familiari. Le donne, da sempre considerate il pilastro dell’assistenza familiare, lavorano infatti sempre di più. E se si dovesse raggiungere nel nostro Paese un tasso di occupazione in linea alla media europea (61,5% rispetto al 48,1% italiano) si assisterebbe a un drastico ridimensionamento di circa 2,5 milioni di donne in grado di rispondere alle esigenze di un congiunto non autosufficiente.

Dal calcolo dell’indice Oldest support ratio (Osr), con riferimento alle previsioni demografiche Istat al 2016, 2025, 2045 e 2065, si ottiene che il rapporto tra la classe di età 40-64 anni e quella degli over 65 passerà dall’1,8 del 2016 allo 0,98 nel 2065. Cosa significa questo nella pratica? Si passerà da una media di due caregiver (chi aiuta, a titolo gratuito nella vita quotidiana, un proprio congiunto) per anziano, registrata nel 2016, a uno solo nel 2065.

Com’è facile intuire, le famiglie impegnate nelle cure a un proprio caro sono esposte finanziariamente sia se l’assistenza è garantita direttamente sia se è affidata ai servizi di badanti o infermieri. E i costi non sono certo trascurabili. Una famiglia con una persona non autosufficiente deve affrontare una spesa sanitaria privata pari a più del doppio rispetto alle altre famiglie italiane. Come evidenzia il report, che riprende un dato del Censis, il 51% delle famiglie con un congiunto non autosufficiente ha avuto difficoltà a sostenere le spese per prestazioni e servizi sanitari e socioassistenziali contro il 30,5% delle altre.
 
Per far fronte all’emergenza dell’assistenza domiciliare, negli ultimi anni gli italiani hanno fatto sempre più ricorso alle cure informali e alle badanti, una soluzione che nasconde grandi incognite in tema di sostenibilità economica e di qualità delle prestazioni erogate. A fronte di una spesa media mensile di 667 euro, solo il 31,4% dei non autosufficienti riesce a ricevere una qualche forma di sostegno pubblico, rappresentato perlopiù dall’Accompagno (19,9%). E le previsioni non lasciano certo spazio all’ottimismo. Se dal 2009 al 2015 si è passati da 260 a 380mila badanti e da 700 a 500mila colf, si stima che l’evoluzione della domanda per queste figure, mantenendo stabile il tasso di utilizzo dei servizi da parte delle famiglie, porterà nel 2030 il numero di questi collaboratori a quota 2,15 milioni, dai 1,65 attuali, determinando un fabbisogno aggiuntivo complessivo di circa 500mila unità. Più badanti e colf equivalgono ovviamente a più costi per le famiglie. La domanda sorge spontanea: “Quante saranno in grado di sostenerli?”.